jueves, 18 de abril de 2013

PREGUNTAS / DOMANDE / QUESTIONS

Areas / Aree
Estructura / Struttura


 Sección transversal por el Patio / Sezione trasversale attraverso il Patio (Archivo Gio Ponti Caracas)


Area construida de la villa: aproximadamente 1.500 m2 (planta baja, planta alta y semisotano)
Area de la Plazoleta de entrada: aproximadamente 4.500 m2

(Por solicitud de María Antonia Campos Arévalo, para su  Tesis Doctoral "La Voluntad Moderna en la Vivienda Unifamiliar Moderna. Caracas 1945-1965", Línea 1: La Forma Moderna, Dirección Primera etapa Teresa Rovira, Director actual de Tesis Antonio Armesto, co-dirección de Tesis Carola Barrios, Departamento de Proyectos Arquitectónicos, Universidad Politecnica de Catalunya)

martes, 17 de abril de 2012

EXPOSICION / MOSTRA / EXHIBITION

VIVERE ALLA PONTI

Le case abitate da Gio Ponti.
Experimenti di vita domestica e architetture per abitare e il lavoro.

Mercoledi 18 aprile 2012, ore 18:00
Inaugurazione della mostra Vivere alla Ponti: le case abitate da Gio Ponti. Experimenti di vita domestica e architetture per abitare e il lavoro.
Intervengono: Salvatore Licitra, Alessandro Mendini, Francesca Molteni, Lisa Ponti, Nanda Vigo Conduce: Franco Raggi

Vivere l’architettura, gli interni, gli arredi. Uno stile italiano, diffuso in Italia e nel mondo dai progetti di Gio Ponti. La mostra, curata da Francesca Molteni e Franco Raggi dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano, in collaborazione con Salvatore Licitra/Gio Ponti Archives, è un omaggio al grande Maestro del ‘900 e al suo design domestico, all’ossessione per il dettaglio e a una visione della modernità ancora attuale. Un racconto insieme intimo e professionale, accompagnato dalle lettere, dalle fotografie di famiglia e dai documenti video, che rievocano l’uomo e l’architetto Ponti, con le testimonianze dei figli, degli allievi e dei collaboratori.

Una mostra che conduce i visitatori nel mondo abitato da Ponti, dentro le case milanesi della famiglia - in via Randaccio, in via Brin, e poi in via Dezza – ma anche nello Studio Ponti, tra i tecnigrafi, i redattori di Domus e gli amici come Bruno Munari. E poi alla scoperta dei primi progetti per l’ambiente di lavoro, tra le scrivanie di Palazzo Montecatini a Milano, nei più noti uffici Pirelli e in compagnia delle “signorine anni ’50” della società Vembi-Burroughs. Luoghi progettati per “Vivere alla Ponti”.

Il progetto accompagna la presentazione di alcuni arredi di Gio Ponti, rieditati da Molteni&C, nel Flagship Store di Corso Europa 2 a Milano.

17 aprile - 4 maggio 2012
Ordine degli Architteti P.P.C. della Provincia di Milano
via Solferino 19, Milano

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lunes, 23 de enero de 2012

HISTORIAS / STORIE / STORIES

CARA TITA

Letizia "Tita" Frailich Ponti, en su estudio de Milano (Enero, 2012).


"Letizia 'Tita' Ponti, la tercera hija de la 'Santa'y el 'Santísimo', como se llamaban carinosamente entre sí Gio Ponti y Giulia Vimercati, por colaborar tan cerca de su padre y hablar bien el espanol estuvo siempre muy próxima a la historia de El Cerrito". *

"Letizia 'Tita' Ponti, the third daughter of the 'Santa' and the 'Santissimo', as Gio Ponti and Giulia Vimercati called each other affectionately, for working near to his father and speak Spanish was always very close to the history of El Cerrito".*

"Letizia 'Tita' Ponti, la terza figlia della 'Santa' e del 'Santissimo', come si chiamano affettuosamente l'un a l'altro Gio Ponti e Giulia Vimercati, per aver lavorato così vicino a suo padre e per parlare lo spagnolo è sempre stata molto vicina a la storia di El Cerrito".*




*Gómez, Hannia, El Cerrito: La obra maestra de Gio Ponti en Caracas, VII: Un año de dise[if gte mso 9]> Normal 0 false false false EN-US X-NONE X-NONE MicrosoftInternetExplorer4

miércoles, 1 de junio de 2011

LIBROS / LIBRI / BOOKS

ESPRESSIONI DI GIO PONTI


“Non è il cemento, non è il legno, non è la pietra, non è l’acciaio, non è il vetro l’elemento più resistente. Il materiale più resistente nell’edilizia è l’arte.” Gio Ponti



Il catalogo
La pubblicazione edita da Electa che accompagna l’evento è la riedizione fac-simile di “Espressione di Gio Ponti”, la rara raccolta dei suoi progetti curata da Ponti e data alle stampe per l’unica volta nel 1954 (Daria Guarnati Editore, Milano), a cui si aggiunge un ‘giornalone’ dove sono presenti i dati della mostra, con i relativi testi ufficiali e critici corredati da immagini e dagli apparati scientifici.

Espressione di Gio Ponti /

ANNO PUBBLICAZIONE /2011
PREZZO /55,00
EUROAUTORE /AA.VV.
CURATORE /Germano Celant
STATO /In catalogo
PAGINE TOTALI /117
ISBN /978883707877
LINGUA /Bilingue Italiano/Inglese
COLLANA /Cataloghi di Mostre
LEGATURA /brossura
FORMATO /24,5 x 32
LUOGO MOSTRA /Triennale di Milano. Dal 6 maggio al 24 luglio 2011.
Gio Ponti, ovvero il padre ripudiato ma effettivo di tutti gli architetti italiani vissuti dopo di lui, è il protagonista dell'evento culturale in Triennale di Milano. La mostra con centinaia di disegni, dipinti e sculture, ceramiche e maioliche, mobili e modelli di studio vuole testimoniare la ricca e complessa creatività pontiana.

Il catalogo sotto forma di magazine viaggerà assieme alla straordinaria riproposta in fac-simile della ormai mitica Aria d'Italia espressione di Gio Ponti curata da Ponti stesso nel 1956, esempio del suo genio progettuale totale, architettonico e anche editoriale. "Amate l'architettura, la antica, la moderna. Amate l'architettura per quel che di fantastico, avventuroso e solenne ha creato - ha inventato - con le sue forme astratte, allusive e figurative che incentrano il nostro spirito e rapiscono il nostro pensiero, scenario e soccorso della nostra vita" (Gio Ponti).

Espressioni di Gio Ponti
6 maggio – 24 luglio 2011
Triennale di Milano
a cura di Germano Celant
Catalogo Electa


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EXPOSICION / MOSTRA / EXHIBITION

ESPRESSIONI DI GIO PONTI


La Triennale di Milano è lieta di presentare una mostra su le “Espressioni di Gio Ponti”, curata da Germano Celant in collaborazione con Gio Ponti Archives e gli Eredi di Gio Ponti, per celebrare nella sua città uno degli indiscussi maestri del Novecento. Ponti oltre a essere uno dei primi architetti globali del Novecento, con edifici realizzati e progettati in Italia e in Europa, ma anche in paesi extraeuropei, da Hong Kong a Denver, da Bagdad a Caracas, da San Paolo a New York, è anche un designer riconosciuto a livello internazionale quanto un noto teorico e critico dell’architettura. Alla sua curiosità e al suo genio si devono le nascite della rivista “Domus” e della storica pubblicazione “Stile”, come un largo impegno nella ricerca dei legami tra l’architettura e le arti, compresa la loro promozione ed esposizione, che portò alla creazione della Prima Mostra Triennale di Milano nel 1933 e nel coordinamento di molte delle edizioni successive.

Espressioni di Gio Ponti (foto Fabrizio Marchesi- domusweb.it)

La mostra
Attraverso oltre 250 tra disegni e dipinti, ceramiche e maioliche, mobili e oggetti, studi e modelli di architettura, l’esposizione vuole portare all’attenzione la ricca e complessa creatività pontiana che ha inizio negli anni venti con la direzione artistica della società Richard-Ginori e si dipana per circa settant’anni nel campo dell’architettura, del design industriale, della produzione artigianale e artistica, senza dimenticare la ricerca e la comunicazione svolte nel campo delle arti.


Espressioni di Gio Ponti (foto Fabrizio Marchesi- domusweb.it)

In questo composito universo, si è voluto rendere simbolicamente esplicita la presenza di Ponti a Milano, attraverso alcuni modelli di studio e/o disegni relativi al primo edificio per la società Montecatini (1936), al grattacielo Pirelli (1956-1960), alla Chiesa progettata per l’ospedale San Carlo (1966), tra gli altri.
L’apporto dell’architetto alla sua città si completa con la rassegna di progetti italiani e internazionali con un focus particolare sull’asse Italia-America, sia attraverso il lavoro di Ponti dedicato agli arredi delle navi transoceaniche, sia attraverso la citazione della Finestra arredata, un nuovo tipo di serramento realizzato tra il 1953 e il 1954, inteso come un omaggio a Philip Johnson e prodotto in forma di prototipo dalla società newyorchese Altamira.

La finestra arredata in Espressioni di Gio Ponti (foto Fabrizio Marchesi- domusweb.it)

I legami con gli Stati Uniti sono anche forieri di commesse architettoniche realizzate o progettate, dall’Auditorium del Time & Life Building di New York (1959) al Denver Art Museum (1971), alla cattedrale di Los Angeles (1967), che in mostra si aggiungono a noti progetti quali l’Istituto Italiano di Cultura a Stoccolma (1954), la chiesa di San Carlo Borromeo a Milano (1966) e la Cattedrale della Gran Madre di Dio a Taranto (1970).
L’esposizione si completa con il display del modo di comunicare di Ponti attuato in scritti, dipinti, disegni raccolti in uno studio simbolico in cui si colgono i rimandi ai progetti realizzati e una dimensione intima e della persona, attraverso i filmati e le interviste.
L’allestimento è curato dallo Studio Cerri & Associati di Milano. La mostra è frutto della collaborazione con musei e collezioni pubbliche e private, italiani e internazionali, che hanno generosamente prestato il loro prezioso materiale.

Espressioni di Gio Ponti (foto Fabrizio Marchesi- domusweb.it)

Espressioni di Gio Ponti
6 maggio – 24 luglio 2011
Triennale di Milano
a cura di Germano Celant
Ingresso 8,00/6,50/5,50
Orari:
martedì-domenica 10.30-20.30
giovedì e venerdì 10.30-23.00

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sábado, 26 de febrero de 2011

HISTORIAS / STORIE / STORIES

BAJO EL SOL DE MEDIANOCHE

s/s Stella Polaris, 1959 (Postal /Cartolina / Postcard - Archivo Fundación de la Memoria Ubana)


"Al salir del estudio, los Planchart se van con el acuerdo de que Ponti se pondrá inmediatamente a hacerles la casa. Ellos partirían entretanto en una gira por el norte de Europa; al terminar, volverían a Milán para reunirse de nuevo. Ponti tendría tiempo de ir puliendo el anteproyecto, y les promete mandarles por correo sus adelantos adonde quiera que estuviesen. "Entonces nos fuimos con los Hernández-Ron a un viaje en barco a Noruega". El 27 de Julio de 1953, Armando y Anala Planchart reciben el Diploma del Cabo Norte (Nordkapp), al arribar al punto más al norte de Europa, a bordo del s/s Stella Polaris, en la tierra del sol de medianoche. Es frente al bello paisaje natural de los fiordos, que reciben las primeras noticias del arquitecto. En ese momento justo se inicia la correspondencia entre los nuevos amigos, correspondencia que ya nunca se detendrá por el resto de sus vidas. A bordo, reciben "cables de él y cartas y cosas, donde nos preguntaba "le gusta ésto, no le gusta aquéllo…", mas todavía ninguna imagen de la casa. Finalizado el crucero, los Planchart se instalan en París a esperar. Ponti estaba diseñando."

"Dopo aver lasciato lo studio, i Planchart andano via con la consapevolezza che Ponti farà la casa immediatamente. Essi saranno di partire per un tour mentre l'Europa del nord; una volta finito, loro torneranno a Milano per incontrarsi di nuovo. Ponti avuto il tempo per lucidare il progetto, e promette di inviare per posta i loro progressi ovunque essi fossero. "Così siamo andati con gli Hernández-Ron a una gira in barca alla Norvegia. Il 27 luglio 1953, Armando e Anala Planchart hanno ricevuto il Diploma di Capo Nord (Nordkapp), per arrivare al punto più settentrionale d'Europa, a bordo del s/s Stella Polaris, nella terra del sole di mezzanotte. E 'contro la naturale bellezza dei fiordi, che hanno ricevuto le prime notizie del'architetto. A quel tempo si inizia la corrispondenza fra i nuovi amici, che non si fermará mai per il resto della loro vita. A bordo, ricevono i "cavi da lui e lettere e cose simili, dove chiedeva "li piace questo, non li piace quello... ", ma ancora nessuna immagine della casa. Dopo la crociera, i Planchart si fissano a Parigi ad aspettare. Ponti era progettando."

"After leaving the studio, the Plancharts leave with the understanding that Ponti would immediately begin the design of the house. They would leave in the meantime on a tour by the north of Europe, and when they finished it, they would return to Milan to meet again. Ponti would have time to polish the preliminary drawings, and he promises to mail them his progress wherever they were. "So we went with the Hernández-Ron on a boat trip to Norway. On July 27, 1953, Armando and Anala Planchart receive their Diploma of the North Cape (Nordkapp), for arriving at the northernmost point of Europe, on board the s/s Stella Polaris, in the land of the midnight sun. It is against the natural beauty of the fjords that they receive the first news from the architect. At that exact time started the correspondence between the new friends, a correspondence that will never stop for the rest of their lives. On board, they receive "cables from him and letters and things, where we asked "Do you like this?, do you dislike that?...", but still no image of the house. After the cruise, the Plancharts settled in Paris to wait. Ponti was designing. "



Fragmento / Frammento / Fragment - Capítulo IV: ¿Una casa en Venezuela?
El Cerrito: la obra maestra de Gio Ponti en Caracas
. Caracas, 2009.

sábado, 23 de octubre de 2010

PREGUNTAS / DOMANDE / QUESTIONS

Plantas / Piante / Plans

Planta alta /Primo piano Villa Planchart

Planta baja /Piano terra Villa Planchart

(Per sollecito di Felicita Soldati, Andrea D'Antino, Annalisa Ponzoni, Lucia Pagani e Sara Derighetti, per il loro gruppo di ricerca "Simple Space" sulla Villa Planchart. Architettura d´Interni, Professore Lukas Meyer, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera italiana (SUPSI), Lugano-Viganello http://www.supsi.ch/)

1. Plantas / Piante

Planta alta / Pianta del primo piano
Planta baja / Pianta del planterreno

(En: Ponti, G. "Una villa ´fiorentina´. Domus, n. 375. Milano, febrero de 1961)


viernes, 8 de octubre de 2010

EXPOSICION / MOSTRA / EXHIBITION

GIO PONTI: UN ARCHITETTO ITALIANO IN AMERICA LATINA

La exposición Gio Ponti: Un Architetto Italiano in Latinoamerica en la sede del IILA, Piazza Benedetto Cairoli, 3, Roma.

De izq. a der.: Embajador Francesco Capece Galeota, Paolo Bruni, Gilberto Bonalumi y Antonella Greco.

Los asistentes al encuentro el 4 de Octubre de 2010 (a la izq.: Reinaldo y Michelina Figueredo)

Doc Fest
Via Tarvisio 2
00198 Roma
Tel. 0039 06 8840262 / 8840341
Fax. 0039 06 8840345
e.mail: info@docfest.it

IILA-Istituto Italo-Latino Americano
Piazza Benedetto Cairoli, 3
Roma, Italia

miércoles, 29 de septiembre de 2010

EXPOSICION / MOSTRA / EXHIBITION

GIO PONTI: UN ARCHITETTO ITALIANO IN AMERICA LATINA

La Doc Fest en colaboración con el IILA - Istituto Italo-Latino Americano- presenta la exposición-encuentro / La Doc Fest in collaborazione con IILA - Istituto Italo-Latino Americano - presenta la mostra-incontro / Doc Fest in collaboration with IILA - Istituto Italo-Latino Americano - presents the exhibition/discussion "Gio Ponti: un architetto italiano in America Latina"

Intrevendrán / Intervengono / Speakers:

Paolo Bruni, Secretario General / Segretario Generale / General Secretary IILA
Gilberto Bonalumi, Secretario General / Segretario Generale / General Secretary RIAL
Antonella Greco, profesora de Historia de la Arquitectura en la Facultad de Arquitectura / docente di Storia dell'Architettura presso al Facoltà di Architettura /History of Architecture professor at the Arhcitecture Faculty "Ludovico Quaroni", Università La Sapienza
Rubino Rubini, cineasta y Director de / regista e Direttore di / filmmaker and Director of Doc Fest
Francesco Capece Galeota, Coordinador de la exposición / coordinatore della mostra / exhibition coordinator

Seguido de la proyección del documental de / a seguire proiezione del documentario di / followed by the screening of the documentary by Rubino Rubini "Gio Ponti. La Villa Planchart a Caracas".

Lunes, Octubre / Lunedi, Ottobre / Monday, October 4
6:00pm - 11:00pm

IILA-Istituto Italo-Latino Americano
Piazza Benedetto Cairoli, 3
Roma, Italia


sábado, 12 de junio de 2010

El Cerrito Seleccion del Jurado del Premio de Publicaciones de la VIII Bienal Iberoamericana 2010 - Ministerio de Vivienda, Madrid

El libro El Cerrito: la obra maestra de Gio Ponti fue seleccionado como una de las ocho mejores obras de Iberoamérica por el Jurado del Premio de Publicaciones VIII BIAU 2010. Aulario de la Arquería Nuevos Ministerios del Ministerio de Vivienda, en Madrid, 26, 27 y 28 de abril de 2010.

La Arquería de los Nuevos Ministerios, Madrid.

Acta del Jurado

sábado, 6 de febrero de 2010

Plantas, cortes y fachadas / Piante, sezioni e prospetti di Villa Planchart

Planta baja /Piano terra Villa Planchart

(Per sollecito di Crescenzo Mazzuocolo, Facoltá di Architettura, Universitá Federico II di Napoli)

1. Plantas / Piante

Planta baja / Pianta del planterreno
Planta alta / Pianta del primo piano
(En: Ponti, G. "Una villa ´fiorentina´. Domus, n. 375. Milano, febrero de 1961)

2. Cortes / Sezioni

Corte longitudinal por el Salón / Sezione longitudinale per il Salón

Corte transversal por la Escalera principal / Sezione trasversale per la Escalera principal
Corte transversal por el Salón / Sezione trasversale per il Salón
(Archivo Gio Ponti Caracas: Planos y dibujos)

3. Alzados / Prospetti

Alzados del Anteproyecto / Prospetti dal progetto preliminare
"Fachadas con sombras" / "Facciate con ombre"
(27-3-1954)
(Archivo Gio Ponti Caracas: Planos y dibujos)

domingo, 1 de noviembre de 2009

LIBROS

EL CERRITO
La obra maestra de Gio Ponti en Caracas


de Hannia Gómez
Fotografías de Giovanni Chiaramonti

EL CERRITO. La obra maestra de Gio Ponti en Caracas
Hannia Gómez, Fotografías de Giovanni Chiaramonte. Fundación Anala y Armando Planchart ULTREYA Edizioini, Caracas 2009 (pp. 360, Bs F 600,00)

"Era el año de 1953. Una pareja suramericana toma la decisión de dejar en las manos del director de la revista DOMUS, el arquitecto milanés Gio Ponti –a quien no conocían, excepto por la revista misma-, su más preciada posesión: la mejor propiedad de la ciudad de Caracas, ubicada en la colina más alta del valle con magníficas vistas que se pierden en el paisaje. Hasta aquí ya todo luce como una extraordinaria historia.
Pero todavía queda mucho por contar: el prodigioso Ponti nunca había estado antes en Venezuela; Armando y Anala Planchart, ambos caraqueños cultivados y amantes de las artes, no querían seguir viviendo en una casa tradicional; Ponti ignoraba cómo era la planta que produce las orquídeas; los Planchart eran no solo coleccionistas de orquídeas, sino que además querían exhibir su colección en su nueva residencia; y a pesar de que el arquitecto no estaba familiarizado con la distante Caracas, la señora Planchart pedía ver la montaña del Avila desde cada uno de los espacios que iba a concebir…
Y allí, sobre la mesa de dibujo en el estudio de Via Dezza se encontraron: Ponti y los Planchart, con más que un océano de por medio; ambos, frente a una enorme hoja de papel de croquis. La que más tarde se convertiría –según el mismo Ponti- en su obra maestra, se empezó a dibujar esa mañana, mezclada entre las imágenes de sus blancas casas mediterráneas de los 1940s volcadas sobre la vista del mar, y las formas adiamantadas que también formarían parte de la magnífica Torre Pirelli. La Villa Planchart –alias El Cerrito- y esta historia, multiplicada en cuatrocientas cartas dibujadas, en un profuso proyecto y en una exquisita colección de arte, objetos y muebles enviada expresamente desde Italia, en el año 2007 arribó a su 50 aniversario.
La Fundación Armando y Anala Planchart, propietaria de la villa desde 1975, ha impulsado la creación de un centro cultural en la propiedad, buscando velar por la preservación y mantenimiento de la villa y sus jardines y de un ancianato también construido por la pareja. Poco a poco, el arca italiana que una vez atracara en una colina caraqueña, se prepara para zarpar de nuevo, esta vez con las buenas noticias de su impoluto paraíso arquitectónico".

jueves, 2 de julio de 2009

LIBROS

La villa ai tropici

da Domus 926 giugno 2009

La villa ai tropici


di Massimiliano Di Bartolomeo

Gio Ponti. La Villa Planchart a Caracas
A cura di Antonella Greco, Edizioni Kappa, Roma 2008 (pp. 198, € 40,00)

"Hubo una vez un arquitecto que hablaba de la arquitectura moderna en los trópicos, y que para proyectar una casa envió cartas y telegramas, o habló largamente por teléfono "tratando de aferrar la materia impalpable para transformarla en arte." La fábula de la Villa Planchart, originalmente El Cerrito, es contada por Antonella Greco, y basta cerrar los ojos para anticipar con la imaginación las cerámicas de Melotti, los colores de la obra de Morandi, las lacas blancas y negras de Fornasetti, así como los engranajes de una tecnología todavía ingenua, inventada para hacer mover aperturas y paredes y permitir a la mirada cruzar hacia donde se quiera. Luego Hannia Gómez escribe de la señora Anala Braun, y de sus recuerdos: de su marido Armando Planchart Franklin, y de su amigo el arquitecto milanés, que cada vez que vino a encontrarlos, se iba con los bolsillos llenos de hojas recogidas en el jardín.

Era Gio Ponti, quien en el '53 les hizo imaginar que su casa sería "graciosa como una gran mariposa en la cima de la colina." La Villa Planchart, precisamente, posada sobre una colina de Caracas. Todo empieza en la Via Dezza 14, en Milán: es 1953 y la pareja Planchart ha conseguido, a través de la embajada venezolana, una cita con Gio Ponti. Los tres sentados alrededor del tecnígrafo, la luz se escapa por entre las persianas y rebota sobre el piso, iluminando maquetas y modelos, dibujos técnicos y bosquejos, números de Domus por todas partes, cuando Ponti pregunta: "bien, díganme qué cosa esperan de una casa". Pregunta maravillosa, decisiva, íntima, que pone el tema del habitante como el primer e imprescindible vínculo del proyecto. Anala contestó que habría querido ver la espléndida montaña del Ávila desde cada lugar, mientras el señor Planchart pidió que su colección de orquídeas, dos mil ejemplares, pudiera estar completamente contenida etre las paredes de la casa. Por lo tanto, una casa sin paredes, que contuviera orquídeas y que permitiera observar una montaña desde cada rincón: Ponti empezó a diseñar enseguida. Les enseñó a la pareja un primer bosquejo, una casa baja con múltiples arcos: "¡no me gusta", dijo enseguida la señora Planchart", "¡yo quiero una casa moderna!".

Así, manifestado hasta el último detalle, ya se podía empezar a proyectar. Y el segundo bosquejo, esta vez trazado con más atención y cuidado, permite partir los Planchart conscientes de que están a punto de realizar la casa de su vida. De este momento en adelante el proyecto se convierte en poesía, íntima relación entre el arquitecto y los clientes, entre los cuales se establece una relación epistolar, y no sólo ello. Cartas, telegramas y despachos son capaces de alcanzar a los Planchart en todo sitio: también hasta el barco Stella Polaris, mientras la pareja estaba llegando al Cabo Norte. Más de quinientas comunicaciones que prometieron, adelantaron, contaron cada instante proyectual que atravesó el estudio de Via Dezza y la creatividad del maestro. Y como poesía, el habitante que entra en la casa es aturdido por el perfume de las orquídeas, aún antes que por la arquitectura y por las obras de arte en ella contenidas. Los orquidearios están en otro lugar, accesibles por un largo camino, una auténtica promenade, mientras que las orquídeas floridas se hallan dispuestas en todas partes dentro de la casa: en un relevo continuo entre nueva floración y marchitez. Ponti ideó 'macetas' y "jardines portátiles", bandejas metálicas que se integraron y encajaron entre las losas de los pisos, volviendo al elemento floral parte material y constructiva de la entera casa: un verdadero himno al arte total. Violentamente reabrimos los ojos, y el perfume de las flores deja espacio a la realidad contada por Fulvio Irace que, al describir a Caracas de noche, habla de "una carbonera ardiente, un escenario de catástrofe atómica que se traga lo poblado y le otorga a El Cerrito la imagen del inesperado y precario refugio de las urgencias del fuego." Los barrios han devorado la megalópolis, asediando así a las escasas y precarias balsas de la belleza. La diamantina, la otro pequeña joya de Ponti, fue ya destruida para dejar espacio a la ciega especulación. Y entonces, para rechazar el horror del presente, aún es bello cerrar los ojos y probar volver a pensar en aquel tiempo: cuando la arquitectura de una casa era como una historia contada en poesía sobre la intensa relación entre un arquitecto milanés y una pareja de venezolanos, iluminados y apasionados por las flores. Y que luego, en esa casa, vivieron por muchisimos años, felices y contentos."/

"C'era una volta un architetto che parlava di architettura moderna ai tropici, e che per progettare una casa spediva lettere e telegrammi, o parlava lungamente al telefono: "cercando di afferrare una materia impalpabile per trasformarla in arte". La favola di villa Planchart, originariamente El Cerrito, ce la racconta Antonella Greco, e basta chiudere gli occhi per anticipare con l'immaginazione le ceramiche di Melotti, i colori dell'opera di Morandi, le lacche bianche e nere di Fornasetti, piuttosto che gli ingranaggi di una tecnologia ancora ingenua, inventata per fare muovere setti e pareti e permettere allo sguardo di traversare verso ogni dove. Poi Hannia Gomez scrive della signora Anala Braun, e dei suoi ricordi: del marito Armando Planchart Franklin, e dell'amico architetto milanese, che ogni volta che veniva a trovarli, andava poi via con le tasche piene di foglie raccolte in giardino.

Il Gio Ponti, quello che nel '53 gli faceva immaginare che casa loro sarebbe stata "leggiadra come una grande farfalla in cima alla collina". Villa Planchart, appunto, adagiata su una collina di Caracas. Tutto comincia in via Dezza 14, a Milano: è il 1953, e i coniugi Planchart hanno ottenuto, tramite l'ambasciata venezuelana, un appuntamento con Gio Ponti. Sono tutti e tre seduti attorno al tecnigrafo, la luce sfugge tra le persiane e rimbalza sul pavimento, illuminando plastici e modelli, disegni tecnici e schizzi, copie di Domus ovunque, quando Ponti domandò "bene, ditemi che cosa vi aspettate da una casa": domanda meravigliosa, decisiva, intima, che pone il tema dell'abitante come primo e imprescindibile vincolo di progetto. Anala rispose che avrebbe voluto vedere la splendida montagna Avila da ogni lato mentre il signor Planchart chiese che la sua collezione di orchidee, duemila esemplari, potesse essere completamente contenuta tra le mura della casa. Quindi, una casa senza mura, che contenesse delle orchidee e che permettesse di osservare una montagna da ogni angolo: Ponti cominciò a disegnare immediatamente. Mostrò ai coniugi un primo schizzo, una casa bassa con molteplici archi: "non mi piace" disse subito la signora Planchart, "voglio una casa moderna!".

Così, manifestato anche l'ultimo vincolo, adesso si poteva cominciare a progettare. E il secondo schizzo, questa volta tracciato con più attenzione e cura, lascia partire i Planchart consapevoli che stanno per realizzare la casa della loro vita. Da questo momento in poi il progetto diventa poesia, intima relazione tra l'architetto e i committenti, tra cui si instaura un rapporto epistolare, e non solo. Lettere, telegrammi e dispacci capaci di raggiungere i Planchart ovunque: anche sulla nave Stella Polaris, mentre i coniugi stavano raggiungendo Capo Nord. Più di cinquecento comunicazioni che promettevano, anticipavano, raccontavano ogni istante progettuale che attraversava lo studio di via Dezza e la creatività del maestro. E come poesia, l'abitante che entra nella casa viene stordito dal profumo delle orchidee, ancor prima che dall'architettura e dalle opere d'arte in essa contenute. Gli orchideari sono altrove, raggiungibili attraverso un lungo cammino, autentica promenade, mentre le orchidee fiorite sono sistemate ovunque all'interno della casa: in una staffetta continua tra nuova fioritura e appassitura. Ponti ideò delle 'fioriere' e dei "giardini portatili", vassoi metallici che si integravano, e incastravano, nell'impaginato dei pavimenti, rendendo l'elemento floreale parte materica e costruttiva dell'intera casa: vero inno all'arte totale. Violentemente riapriamo gli occhi, e il profumo dei fiori lascia spazio alla realtà raccontata da Fulvio Irace che, nel descrivere Caracas di notte, parla di "una carbonella ardente, scenario da catastrofe atomica che inghiotte l'abitato e conferisce a El Cerrito l'immagine di inaspettato e precario rifiuto dall'urgenza del fuoco". Le favelas hanno divorato la megalopoli, assediando così sparute e precarie zattere di bellezza. La diamantina, altro piccolo gioiello di Ponti, è già stata distrutta: per lasciare spazio alla cieca speculazione. E allora, per respingere l'orrore del presente, è ancora bello chiudere gli occhi e provare a ripensare a quel tempo: in cui l'architettura di una casa era come una storia raccontata in poesia, intenso rapporto tra un architetto milanese e due coniugi venezuelani, illuminati e appassionati di fiori. E che poi, in quella casa, ci vissero per moltissimi anni, felici e contenti."